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PROPOSTE PER UNA NUOVA VISIONE
DEI CANALI DI DIFFUSIONE PAOLINE
 
L’ambiguità del mercato
«Il mondo del libro è tanto affascinante quanto coinvolgente. Scrittori, editori, operatori culturali e librai con i loro reciproci rapporti creano un microcosmo unico nel suo genere, non solo per l’esperienza intellettuale che comporta, o la nascita di nuove idee e proposte, ma anche per una certa riluttanza a confrontare l’attività libraria con altre attività economiche, non accettando il libro come un prodotto soggetto alle leggi dell’economia e del mercato»[1].
Così lontano, così vicino
Ciò che il mercato del libro ha di diverso dagli altri mercati è il suo contenuto. I suoi processi, le sue esigenze di mercato, le logistiche operazionali sono tuttavia molto simili agli altri prodotti di consumo.
Conoscere le differenze del nostro prodotto e allo stesso tempo conoscere e padroneggiare le pratiche di mercato convenzionali è di fondamentale importanza per evidenziare questa differenza.
Nel caso contrario, la differenza principale che presenteremo sarà l’incapacità di modernizzare e sviluppare il nostro tanto amato mercato del libro.
Il “ruolo” della libreria
Abbiamo sempre l’aspettativa che la libreria svolga un ruolo sociale e culturale nella sua regione. La maggior parte di quelli che hanno scelto questo tipo di lavoro hanno avuto questa motivazione sin dall’inizio.
In un’economia imprenditoriale è fondamentale distinguere tra finalità e obiettivi produttivi e le condizioni operative. L’equilibrio economico è una condizione di funzionamento e perciò rappresenta un obiettivo operativo che deve essere raggiunto per sviluppare l’azienda, ma che è distinto dallo scopo per il quale è stato stabilito.
Le finalità sono raggiunte prima di tutto tramite una buona gestione. Per diventare un fattore di cambiamento culturale, la libreria ha bisogno di essere un’azienda molto ben gestita.
La “coscienza inquieta”
«... questo tipo di coscienza rovina l’affare del libro e di tutti coloro che operano in questo ambito di commercio (comune, cooperative, negozi parrocchiali e privati). Il commercio del libro tanto può allontanare quanto avvicinare alla Chiesa...»[2].
Parola di Don Alberione
Per non restare fermi su un approccio troppo di marketing, ho visto che negli scritti di Don Alberione c’è una visione molto precisa circa la libreria e la consapevolezza del ruolo che essa svolge nella costruzione dell’immagine desiderata in questo ambito.
Centri di diffusione
I Centri di diffusione sono al servizio delle nazioni, regioni, diocesi, parrocchie, associazioni e comunità. Per la loro apertura, si richiede la licenza appropriata. L’organizzazione richiede: la direzione e l’ordine. La direzione viene dal centro. L’ordine si riferisce alla fornitura di materiale per la diffusione, la loro distribuzione e il decoro del luogo...
Chi entra [in libreria] deve comprendere, a colpo d’occhio, le varie classificazioni dei libri, al fine di trovare più facilmente quello che desidera.
Visione imprenditoriale
In questi due paragrafi si può costatare senza dubbio la preoccupazione orientata alla divulgazione riguardo alle opere della fede cattolica, ma si può vedere chiaramente anche la visione imprenditoriale di chi ha capito che il libro va oltre il semplice commercio dei prodotti sugli scaffali.
Ancor prima che entrassero in uso i termini in lingua inglese, ripetuti allo sfinimento, Don Alberione già faceva scuola di layout, merchandising e brand equity.
Davanti alle sfide rappresentate dal libro digitale (e-book), all’utilizzo delle reti sociali a scapito delle relazioni interpersonali e molte altre innovazioni tecnologiche, il concetto di Centro di diffusione dovrebbe essere adoperato da tutte le aziende che hanno nel commercio dei libri il loro principale sostegno finanziario.
Libreria come fornitrice di servizio al cliente
Il processo di definizione del servizio, così come l’uso che i clienti faranno del servizio, segue un sistema composto da cinque elementi interconnessi.


 I cinque elementi:
1. Cliente – È importante fare una ricerca sulle abitudini di consumo del lettore che frequenta il negozio. Comprendere i profili in conformità con i tempi e i giorni di apertura della libreria permette di adeguare l’offerta in modo da soddisfare il cliente.
2. Pacchetto di servizi – Sono inclusi tutti i servizi potenziali offerti, dai servizi per ogni cliente a quelli destinati esclusivamente ai gruppi di clienti abituali. Di solito sono servizi relativi a: assortimento, novità, eventi, informazioni, supporto e orari.
3. Immagine della libreria – Più che essere riconosciute per la commercializzazione dei prodotti, le librerie devono fare affidamento sulla loro immagine per convincere i clienti che hanno le migliori condizioni per l’esperienza di acquisto e la conoscenza dei prodotti da loro cercati.
4. Sistema di supporto – Si riferisce alle modalità e attrezzature necessarie per la fornitura dei servizi. Il tipo di servizio scelto dalla libreria – tramite operatore o self-service – determina fortemente l’identità della libreria. Inoltre vanno considerate le tecnologie offerte, la disposizione dei prodotti, il servizio, il layout del negozio, i giorni e orari di apertura, l’offerta di prodotti diversi dai libri, il numero di dipendenti e il ruolo che essi svolgono con i clienti.
5. Cultura dei servizi – Riguardano: la ricerca della soddisfazione del cliente, le azioni per rafforzare i valori di acquisto, l’uso corretto dei mezzi legati alla storia della libreria, e tutto quello che serve come riferimento al concetto di servizio offerto nel negozio. Questi servizi culturali devono essere compresi e adoperati, dal più alto funzionario al semplice apprendista.
Geografia del mercato
Introdotto negli anni ’60 in America da Jerome McCarthy e diffuso da Philp Kotler, il concetto delle 4P (Prodotto, Prezzo, Promozione e Punto-vendita) stabilisce le basi attuali di una buona performance di marketing.
Esperti nella vendita al dettaglio, hanno dimostrato che quando si sbaglia la P di Punto-vendita è necessario muoversi in maniera più aggressiva nel prezzo del prodotto e nella promozione.
In una ricerca condotta dall’Istituto “Popai Brasile-Point Purchase Advertising International”, l’85% delle decisioni d’acquisto vengono prese nei punti-vendita.
Minacce e opportunità
Quando analizziamo i nostri concorrenti e lo scenario di mercato, siamo in grado di reagire in due modi:
1) lamentarci della situazione attuale e rimpiangere i bei tempi, perché tutto quello che è nuovo è per noi una minaccia;
2) capire che questi nuovi sviluppi fanno parte della nostra vita e che non siamo in grado di cogliere le nuove opportunità se non le sperimentiamo.
I cambiamenti culturali significano mutamenti nelle abitudini di consumo, e il cambiamento culturale ha a che fare con il mondo del libro. Conoscere e dominare le nuove onde significa navigare con più tranquillità in questo nuovo e sconosciuto mare.
Alleanze strategiche
Il problema del cambiamento culturale ha a che fare con la difficoltà che il libraio sperimenta nell’aggiornarsi e cambiare i suoi punti di riferimento circa il libro. Implica la necessità di vedere la propria libreria e i rapporti con i fornitori e con i clienti attraverso una nuova prospettiva, in una visione molto più attiva di quella attuale.
Il problema delle competenze ha a che fare con la trasformazione della professione del libraio, che dovrebbe basarsi sulla capacità di trattare le informazioni e di offrire al cliente soluzioni che hanno a che fare con il contenuto.
Tra queste nuove competenze ci sono il marketing, internet, la tecnologia dell’informazione e della costruzione di una nuova atmosfera in libreria, che non eliminano le competenze tradizionali del libraio, la conoscenza dei prodotti offerti e la capacità di gestire l’azienda.
Il problema della dimensione aziendale e le alleanze strategiche sono legate alla necessità d’investimento e alla riduzione dei costi unitari, di fronte allo sviluppo dell’innovazione, possibile solo quando si raggiunge una critica sufficiente.
Le librerie piccole, così come i piccoli editori, non possono competere da soli contro i grandi network, i grandi negozi e i grandi editori.
La soluzione è stabilire alleanze strategiche con altre imprese (librerie, editori, distributori, negozi, ecc), che hanno le condizioni per far operare tutta la catena e dividere i costi di investimento.
La sopravvivenza e la crescita di piccole librerie sono possibili grazie alla loro capacità di stare insieme, sia orizzontalmente sia verticalmente, e di creare reti di innovazione e di gestione.
Questa è un’altra sfida per le librerie in tempi di internet: sviluppare valore[3].
Contenuto - Parola chiave della nuova era dell’informazione
Il social network è un fenomeno conosciuto e utilizzato da molte persone, soprattutto dal pubblico delle librerie. Leggere, scrivere, commentare e condividere fa parte della vita quotidiana di queste persone. Il desiderio di essere parte di qualcosa di rilevante è ciò che motiva le persone a trascorrere circa sedici ore alla settimana in questi ambienti virtuali.
Il contenuto, il soggetto, la tematica rappresentano l’essenza di una Casa Editrice. Un’azione ispirata al contenuto delle opere della Casa Editrice può essere un’opportunità per migliorare un rapporto di identità che esiste tra i lettori e i clienti della libreria, unendo tutti in un’azione più grande di quella destinata ai clienti, trasformandoli in evangelizzatori (nome utilizzato dagli specialisti in marketing per gli appassionati di un marchio). Un appassionato di uno stile letterario, di un gruppo musicale, è molto più di un consumatore: è un propagatore di ciò che a lui piace.
 
Dalle 4P alle 3F
Dopo aver ricordato il concetto delle 4P, accenniamo qui alle 3F:
1. Fans
2. Friends
3. Followers
Contenuti e marchio
Il branded content è stato una delle principali strategie di marketing online per i marchi della moda, esempi di successo nella comunicazione online, che hanno bisogno di soluzioni innovative per connettersi con i loro clienti.
Il branded content ha diversi scopi: intrattenimento dei clienti, pubblicità, coinvolgimento sociale, vendita dei prodotti. Marchi che producono contenuti sono un passo avanti, avendo a portata di mano uno strumento che i bloghisti e qualche altro media possono condividere. Attualmente, nel 2011, il branded content rappresenta la tendenza per sostenere i marchi nel supporto online (Rivista HSM).
Concetto di commercio sociale
Il commercio sociale impone alle aziende di agire come esseri umani. Invece di cercare informazioni, i consumatori scoprono i prodotti attraverso riferimenti e raccomandazioni di cui si fidano. Più che un mediatore di CTR (click-through), ciò richiede delle regolamentazioni.
Praticare l’arte della conversazione: il commercio sociale non è “cattura dei potenziali clienti” o creazione di enormi “database”. Si parla con persone con una voce autentica, la stessa voce che si adopererebbe se si parlasse di persona. Così che le aziende parlano con i propri clienti nello stesso luogo dove parlano con i loro amici.
Costruire un rapporto forte con i consumatori: i consumatori sono una rete affidabile, una comunità che circonda l’azienda. Curando i clienti, le librerie non soltanto creeranno relazioni migliori, ma faranno anche crescere i livelli di fiducia come fonte di riferimento e raccomandazione.
Facebook, Orkut, Twitter
Reti sociale come Facebook, Orkut o Twitter valgono oro. Sono strumenti sempre più popolari su internet e sono un fenomeno ricorrente e così forte che non può essere trascurato da parte delle piccole e medie imprese.
I dati di un’indagine, condotta da Altimer Group e Wetpaint per la rivista Business Week con le 100 aziende più importanti di tutto il mondo, hanno dimostrato che le imprese che investono in mezzi di comunicazione sociale hanno migliori risultati e ricavi. In media, le aziende che hanno investito nei social media sono cresciute del 18% in un anno, mentre coloro che hanno investito poco nelle reti sono diminuite del 6% in media nel loro ricavi nello stesso periodo (Rivista Pequenas empresas, grandes negócios).
Potenziale di crescita
La rete sociale di crescita più rapida al mondo è Facebook, che ha superato i 13 milioni di utenti in Brasile, lo stesso numero in Argentina. Il Messico ha un totale di quasi 23 milioni di utenti, il Canada 17 milioni e gli Stati Uniti 153 milioni. In Europa, l’Italia da sola ha 18 milioni di utenti.
Facebook è più usato dalle donne; il 66% degli utenti brasiliani è tra i 18 ei 34 anni, come mostra il grafico.



Uno dei fattori che più richiama attenzione è il numero degli utenti in proporzione alla percentuale della popolazione. 
 
Twitter nel mondo
Twitter ha oltrepassato i 300 milioni di clienti ovvero quasi tutta la popolazione degli USA. Secondo il sito Twopcharts, Twitter è arrivato a 302 milioni nel maggio 2011.
8 passi per un’azione efficace sui Social Network
1. Monitorare il marchio – Il primo passo è quello di creare un monitoraggio per scoprire come i social media stanno parlando di voi, del vostro marchio e dei vostri prodotti. Questa strategia può portare informazioni vitali per capire lo status del vostro marchio sul web. Di conseguenza si potrà poi pensare a compiere azioni appropriate per agire nei social media.
2. Creare un’équipe – È essenziale nominare una persona responsabile del lavoro quotidiano con i social media. In generale, questo lavoro è affidato a professionisti del marketing e della comunicazione in grado di comprendere bene i loro business, di parlare a nome dell’azienda. Essi devono essere grandi fruitori di social network e sempre connessi (le risposte veloci sono un grande vantaggio per l’utente).
3. Comprendere la situazione – Capire il tipo di commenti che si stanno facendo rispetto al proprio marchio o ai propri prodotti è essenziale. È possibile classificare le interazioni monitorate dai social media in “positive”, “negative” o “neutre”, e generare i dati numerici di queste classificazioni. Così si ha un’idea generale di com’è l’immagine dell’azienda nei media.
4. Forme di comunicazione – Si deve prestare attenzione alle strategie da utilizzare per interagire nei social media (evitare vari profili). Quindi, il miglior consiglio è quello di seguire uno schema. Impostare un linguaggio (formale o informale) da utilizzare sempre, il pubblico target, l’approccio ideale (adottare una comunicazione più personale o istituzionale), la frequenza dei post (nel blog corporativo, in Twitter, Slideshare o qualsiasi altro supporto sociale) e un tempo massimo per rispondere alle interazioni degli utenti.
5. Creazione di canali – Un dettaglio importante è che i canali dovrebbero essere creati dopo una premessa ed è necessario essere presenti ogni giorno in questi canali, con l’aggiornamento. I canali sociali messi da parte non sono assolutamente ben visti dagli utenti come pure le interazioni senza risposta.
6. Interazione – La cosa più importante, quando si inserisce l’azienda/marchio in un social media, è quello di interagire con l’utente. Ciò è essenziale per il cliente perché questi si sente ascoltato e capisce quanto la sua opinione sia importante per voi. Tutte le interazioni importanti dell’utente devono essere risolte nel più breve tempo possibile. Prestare particolare attenzione agli utenti più attivi: gli evangelizzatori e i distruttori del marchio.
7. Creazione di contenuti – È un passo importante per sviluppare il rapporto con le persone, creare valore, tenere tutti informati delle notizie e mostrare che l’azienda è viva, dinamica e aggiornata. Molte aziende hanno già creato tanti contenuti, ma si sono tutti limitati al sito web, newsletter o campagne specifiche. Un lavoro di spreading (replicare il contenuto sui vari canali sociali) è molto importante, per arrivare agli utenti. Non possiamo aspettare che l’utente visiti il nostro sito. È molto importante seguire gli orientamenti propri della linea di comunicazione adottata.
8. Attenzione al mercato – È possibile anche trovare molte opportunità per esplorare il vostro mercato nei social media. Un buon modo per farlo è quello di monitorare i commenti su parole chiavi correlate alla vostra attività e pubblico specifico. Lavorare con questi dati e riferirsi agli utenti può produrre ricerca di valore e una nuova fonte per identificare potenziali clienti. Inoltre è sempre bene prestare attenzione a com’è l’immagine dei concorrenti nei media. Monitorare le loro azioni diventa molto importante come parametro di riferimento (benchmark) e analisi di mercato.
Parola di Don Alberione
Per attirare le persone è necessario un centro ben fornito. È richiesto che la persona che lo dirige sia in grado di consigliare le scelte, abbia buon senso e capacità di cogliere ogni opportunità per la divulgazione...
... L’invio di opere per la divulgazione aiuta molto per interessare i fedeli, i religiosi, il clero. Al fine di arrivare a tutti si consiglia di tenere le schede con gli indirizzi delle persone che vogliamo contattare...
... Consultare giornali, riviste, cataloghi, foglietti e pubblicità per essere a conoscenza di tutte le novità.
Le visite a domicilio sono molto utili e persino necessarie. Gli amici meritano particolare attenzione. Conoscenti, collaboratori di lavoro, agenti pastorali, sacerdoti, comunità, scuole, caserme, istituti, associazioni, ospedali, carceri, uffici, fabbriche, ecc.
Vedere a lungo termine
Grazie alla sua visione a lungo termine, Don Alberione poteva prevedere l’importanza dei media e come le persone coinvolte fossero determinanti affinché la trasmissione del messaggio potesse avere successo. Oggi gli strumenti dei social network ci offrono queste opportunità.
Possiamo immaginare quante cose meravigliose Don Alberione potrebbe fare oggi con questi nuovi mezzi?
Dr. Gerson Ramos[1]


[1] Operatore del settore librario da 25 anni, è stato uno dei fondatori e amministratore delegato di Distribuidora Superpedido. Ha sviluppato la sua esperienza nell’area commerciale di editori come: Companhia das Letras, Editora Ática e Ediouro. Ha lavorato anche in medie e grandi librerie al dettaglio. È stato direttore di FNAC Brasile, direttore generale di Shopping Attica Cultural, responsabile acquisti di alcune catene di librerie. Attualmente, oltre ai corsi, fa formazione e consulenza per le aziende del mercato editoriale.
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PERCORSI SUGGERITI
DAL SINODO SULLA PAROLA DI DIO
PER LA CHIESA NELLE AMERICHE


Per offrire una riflessione con le caratteristiche indicate nel titolo potremmo seguire diverse modalità. Lo stesso termine “Sinodo” nella sua origine indica un “percorso comune”. È stato, infatti, ben impostato e caratterizzato il cammino percorso dalla Chiesa fino alla realizzazione dell’Assemblea sinodale. La metodologia di approccio potrebbe anche prendere strade diverse. Ma qui considereremo insieme le analisi e le proposte enunciate dai membri dell’Assemblea.
Per il presente incontro di studi e ricerche da parte delle Paoline, discepole del Signore, che “abitate dalla Parola” vogliono disegnare nuovi percorsi per la missione, partendo dalla realtà ecclesiale nella quale si concentrano molte componenti socio-culturali, cercherò di mettere in evidenza le proposte dei vescovi del continente americano. Sarà mia intenzione evidenziare la crescente convergenza di pensiero, convinto che come uomini di azione apostolica, con gravi responsabilità pastorali, la loro voce rappresenti le aspirazioni di un popolo, e sia l’espressione di una vera e sincera ricerca ecclesiale, e soprattutto siano parole suggerite dallo Spirito di Dio.
Per prima cosa, vediamo le grandi linee tematiche presentate da Papa Benedetto XVI nell’ apertura del Sinodo. Sono parole di speranza, pronunciate in un contesto di molte preoccupazioni, ma esprimono una coscienza sicura che Gesù Cristo, vincitore della morte e del peccato, cammina con la sua Chiesa. Anche le profonde riflessioni del relatore generale del Sinodo, il cardinale Marc Ouellet, forniscono un supporto prezioso per il cammino post-sinodale percorso finora. La sua analisi ha fatto emergere e ha descritto le esigenze più importanti per la Chiesa, ma anche le grandi opportunità per la Parola di Dio nel nostro tempo.
Se da un lato il Papa e il cardinale Ouellet presentano una panoramica per la Chiesa universale, le parole dei Padri sinodali di origine americana tratteggiano le esperienze, le preoccupazioni e le convinzioni che derivano dalla vita pastorale ed ecclesiale del nostro continente. I vescovi americani presenti nel Sinodo erano la voce di tutta la Chiesa del nostro continente e si sono espressi nelle varie sessioni sinodali. Ancor più di questo, essi hanno presentato i sentieri che considerano essere percorsi di fedeltà. Questo vi comunicherò durante il nostro incontro, anche se non tutti i loro pronunciamenti saranno riportati; vi esporrò quelli che considero di maggiore convergenza.
Le pagine finali del mio intervento chiariranno quello che denomino “animazione biblica della pastorale”. Questa vuole essere la proposta più efficace e concreta affinché la nostra evangelizzazione sia profondamente segnata dalla Parola di Dio.

1. Parole di Papa Benedetto XVI nella celebrazione di apertura del Sinodo

Il Papa, prendendo come punto di partenza per la sua riflessione inaugurale i testi della Parola proclamata nella celebrazione eucaristica di apertura (Is 1,7: il cantico della vigna; Mt 21,33-45: i vignaioli omicidi), ha accennato ad alcuni orientamenti che lui stesso aveva previsto per il Sinodo. Si notava che la sua maggiore preoccupazione era la grave e oggettiva realtà, dove si scopre che ci sono persone che hanno ricevuto il Vangelo, ma che ora sono insensibili ad esso. Nazioni una volta «ricche di fede e di vocazioni stanno ora perdendo questa identità sotto l’influenza deleteria e distruttiva di una certa cultura moderna. Ci sono persone che hanno deciso che “Dio è morto e considerano sé stessi come dei”...».
Ma anche se alcuni non accolgono il Vangelo, le parole di Gesù nei riguardi dei vignaioli esprimono una promessa: la vigna non sarà distrutta, cioè ci saranno sempre persone disposte ad accettarlo. E analizzando l’uso che il Vangelo fa del Salmo 117,22, Benedetto XVI si riferisce alla seguente frase: «La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo». Il proprietario non abbandona la sua vigna. Sarà affidata ad altri che saranno servi fedeli. La stessa immagine della vigna con le sue implicazioni morali e spirituali riappare, in qualche modo, nelle parole di Gesù: «Io sono la vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lui lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perche porti più frutto» (Gv 15,1-2). In questo contesto si annuncia che alla fine Cristo è colui che vince. Sempre.
Con questa fiducia, nella basilica di San Paolo, il grande apostolo che ha diffuso il messaggio del Vangelo in vaste regioni dell’Asia minore e dell’Europa, il Papa ha espresso il suo desiderio: «rinnoveremo in modo significativo questo annuncio...». La Parola di Dio richiede una risposta e il suo amore deve essere ricambiato. La parola del Papa sfida la Chiesa: «Che mai accada ciò che dice questa narrazione del testo biblico riguardante la vigna: “Mi aspettavo dell’uva dolce, ma ha prodotto solamente uva acerba” (Is 5,2)». La sua preoccupazione va in una duplice direzione, una di carattere ecclesiale e l’altra pastorale. La Chiesa dev’essere annunciatrice: è una questione di identità e di lealtà. È la sua ragione d’essere. Continua infatti a risuonare oggi, in tutta la Chiesa, l’esclamazione paolina: “Guai a me se non predicassi il Vangelo” (1Cor 9,16).
Sotto l’aspetto pastorale la parola del Papa è stata molto efficace: «Solo la Parola di Dio può cambiare profondamente il cuore dell’uomo». Da qui l’enfasi che lui ha posto sull’intimità con la Parola, un tema già molto caro a un professore di teologia, poi cardinale e poi papa. Le sue parole sono illuminanti: «Senza Dio, l’uomo rimane più solo e la società più divisa e confusa». In questi tempi di tanto disorientamento e di frammentazione etica e culturale, i legami profondi con la Parola sono fondamentali; essa consente alla Chiesa di esprimere la sua dimensione missionaria e la sua testimonianza. In altri termini, senza tali legami, la Chiesa stessa e la sua missione sarebbero una realtà senza fondamento. E se la Chiesa esiste per annunciare il Vangelo, è essenziale che conosca e viva ciò che annuncia. È il modo di essere e operare affinché il Vangelo diventi credibile.
Per la Chiesa il rapporto con la Parola non è solo una cosa di fare: è molto di più, è un modo di essere. E in questo “modo di essere” è importante l’altro argomento ampiamente ricorrente in questi ultimi anni: il rapporto personale con Gesù Cristo. Quando lui ha annunciato la Parola, il grande tema unificante era il Regno di Dio (cfr. Mc 1,14-15). La persona di Gesù è la migliore espressione di questo Regno. Nelle parole, nelle opere, negli sguardi, nelle preghiere, nei gesti di compassione e di perdono di Gesù era Dio stesso che esercitava la sua regalità e offriva la salvezza. E questo vale per gli uomini di tutti i tempi. Per questa ragione, Benedetto XVI, riferendosi al commento di san Girolamo al libro del profeta Isaia, auspicava la conoscenza amorosa della Scrittura: «Chi non conosce la Scrittura non conosce la potenza di Dio né la sua sapienza. Ignorare le Scritture significa ignorare Cristo».
2. Il Cardinale Marc Ouellet, relatore generale del Sinodo (prima sessione)
La riflessione ante disceptationem del relatore generale è stata di grande aiuto per intraprendere il cammino dei dibattiti, delle analisi e proposte, secondo il parere di chi aveva organizzato la preparazione del Sinodo. In effetti, in tutti i sinodi, l’assemblea è la fase conclusiva di un lungo e accurato percorso già tracciato nelle fasi preparatorie. Il Cardinale Ouellet, aveva pronosticato che il Sinodo si sarebbe proiettato prevalentemente verso orientamenti pastorali e missionari. Pertanto, a suo avviso, il Sinodo ha rappresentato una congiunzione di sforzi diretti ad ascoltare «insieme la parola di Dio, per discernere come lo Spirito e la Chiesa desiderano rispondere al dono del Verbo incarnato, mediante l’amore alle Scritture e la proclamazione del Regno di Dio a tutta l’umanità». L’apostolo Paolo lo ha aiutato ad esprimere «... per diventare capace di comprendere, insieme a tutti i cristiani, quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità per conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni intelligenza» (Ef 3,18-19).
Nell’Instrumentum laboris si è delineato l’obiettivo di «rinvigorire la pratica dell’incontro con la Parola di Dio come fonte della vita» (n. 4). Tale “rinvigorimento” sarebbe portatore di una grande potenza di rinnovamento per la Chiesa. Quindi, piuttosto che dibattiti teorici se dovrebbe far risaltare "l’atteggiamento di ascolto", come proposto nel paragrafo 1 della Dei Verbum. Chi “l’ascolta” la proclama: «In religioso ascolto della Parola di Dio e proclamandola con ferma fiducia...». Se prima si favoriva la dimensione noetica della verità da credere, adesso abbiamo iniziato a considerare la rivelazione di Dio come “comunicazione personale”. E si è cominciato a parlare, e sempre con maggior forza, dell’incontro vivo e del dialogo tra Dio che chiama e l’uomo che risponde. Tuttavia, anche se questo si è compreso teologicamente, non sempre c’è stata corrispondenza di ritmo di adesione nel contesto dell’evangelizzazione, della ricerca teologica e pastorale e dell’esegesi biblica. 
Si è costatato che la Chiesa soffriva di una «certa separazione tra gli studiosi, i pastori e la gente comune delle comunità cristiane». Il modello di comunicazione personale da parte di Dio sembra non avere sufficientemente penetrato la coscienza degli uomini e delle donne della Chiesa. Raccomanda il cardinale: «Il Sinodo deve proporre soluzioni concrete per colmare le lacune e porre rimedio all’ignoranza delle Scritture, che si aggiunge alle difficoltà attuali dell’evangelizzazione». È grande oggi la sfida della trasmissione della fede con la Parola di Dio. Ma è la Parola che ha il potere di ringiovanire la Chiesa e di suscitare una nuova speranza per la missione.
Nella sua attenta analisi e valutazione del percorso che ha preceduto il Sinodo, il relatore generale ha richiamato l’attenzione sulla necessità della Chiesa di riscoprire ciò che era già stato esplicitato nel Concilio. Nella liturgia è «Cristo che è presente nella sua parola, perché è lui che parla quando leggiamo la Scrittura nella Chiesa» (Sacrosanctum Concilium 7). Non potremo mai essere in grado di comprendere sufficientemente la portata di questa affermazione. Siamo una Chiesa al servizio della Parola e di Colui che parla. E ancora, più che istruire, nella liturgia, il Signore vuole comunicare se stesso. Ecco, allora, l’impegno serio che ci interpella come uomini e donne con responsabilità ministeriali. Quali conseguenze susciterebbe questa necessaria riscoperta del luogo originario della Parola nella nostra ermeneutica, nelle nostre celebrazioni, omelie, sermoni e altri riti religiosi? Tutta l’assemblea liturgica che non è centrata sulla Parola è povera, ed è soltanto un gruppo sociale. Questo problema non si può affrontare semplicemente con una revisione degli studi. Come Chiesa siamo sollecitati a rivalutare la necessità della contemplazione delle Scritture.
Data la necessità di riprendere il rapporto contemplativo con le Scritture, nel processo di preparazione del Sinodo è emerso con forza il ricordo felice della Lectio divina. Essa promuove un clima di amore e di reciprocità tra lettore/comunità orante e Parola.
Nella lettura assidua, Dio può essere “ascoltato”, perché è Lui che “parla”. E la preghiera che segue è l’assenso di chi vuole accoglierlo. Ha inizio così un dialogo intimo, sponsale e responsoriale con il Signore. E l’umanità del nostro tempo soffre di una dolorosa incapacità di ascoltare la voce di Dio. Nelle parole di Benedetto XVI, questa pratica, se efficacemente promossa, produrrà nella Chiesa una nuova primavera spirituale. La riscoperta della ricchezza della lettura orante si presenta come un grande contributo alla formazione dei discepoli e delle comunità cristiane. È emerso il desiderio che il Sinodo stimoli la ricerca di nuove strategie di lettura orante, metodi semplici e attraenti, in modo che i cristiani possano sviluppare il gusto per un approccio costante e dialogico con la Parola di Dio.
Una questione molto delicata, con forti conseguenze per la vita della Chiesa, che da tempo è motivo di dibattito e richiede ancora un’ulteriore riflessione, è il rapporto tra spiritualità, esegesi e teologia. L’ermeneutica biblica è di per sé una realtà complessa. Molto di più se in queste aree di conoscenza biblica non si coltivano relazioni di grande reciprocità. Ci sono già state tensioni, ma ci sono anche belle esperienze di dialogo. Si deve crescere molto di più in modo da favorire un’interpretazione complessiva della Scrittura. Tutti si occupano della Parola di Dio, ma in prospettive diverse e complementari. Per aiutare a superare le difficoltà in questo ambito, il Sinodo dovrebbe favorire il rifiorire dell’approccio canonico delle Scritture. Inoltre, è tempo di raccomandare e promuovere sintesi di una teologia biblica che favorisca la comprensione globale. I metodi teologici ed esegetici, nell’atto di interpretare, dovrebbero riflettere sull’interdipendenza tra la “lettera”, lo Spirito e la fede. Ci sarebbero molte espressioni nuove di quella lapidaria frase: «Lo studio di questi libri sacri deve essere come l’anima della sacra teologia» (DV 24).
3. L’America e la sua fame della Parola di Dio
(Cardinale Oscar Maradiaga, relatore della situazione ecclesiale nelle Americhe)
Con Cristoforo Colombo arrivò in America la prima Bibbia. Egli l’aveva nel suo bagaglio. E la leggeva ad alta voce per frenare la violenza delle onde increspate. Il primo Vescovo di Città del Messico è arrivato nel 1528. Il suo scopo esplicito era quello di far arrivare la Parola di Dio a tutti. Anche i Francescani avevano scopi simili. Anche i Concili di Lima (1551-1583) hanno favorito delle belle presentazioni del Vangelo alle persone non alfabetizzate. Sono stati semi duraturi, che hanno percorso i secoli. Ma il cristianesimo cattolico è giunto in America nel tempo della Riforma, quando la Bibbia non poteva ricevere il suo posto d’onore. Il catechismo e la dottrina cristiana, allora prevalenti, sono privi del sapore biblico. Nel Nord America la fede è arrivata con gli immigrati inglesi, con il forte vigore della riforma. Queste caratteristiche sono state problematiche e hanno segnato per secoli la storia della nostra Chiesa.
Ci sono state Assemblee generali dell’Episcopato Latino Americano. A Medellin (1968) in mezzo a un’effervescenza di grande interesse storico e politico, con il sorgere della teologia della liberazione, la Chiesa stessa ha proposto che la pastorale si fondasse sulla forza della Sacra Scrittura (6.13, 14.14). In Puebla (1979) si aveva già una maggiore familiarità con le Scritture. Le Comunità Ecclesiali di Base sono state importanti agenti di diffusione dell’esperienza biblica. È stato detto che la Bibbia era «l’anima dell’evangelizzazione» (372), che era la «fonte della catechesi» (981, 1001). E nelle scelte pastorali si è insistito sull’importanza di ascoltare, sviluppare, celebrare e proclamare la Parola di Dio e testimoniarla (1305). Era una potente forza profetica che metteva in luce le “situazioni di peccato” e portava alla conversione. Sono stati passi di grande ampiezza, non tanto per l’insistenza sull’interpretazione della Bibbia, ma nell’interpretazione della Bibbia “alla luce della vita”. I gruppi di riflessione attorno alla Parola, i circoli biblici, le celebrazioni della Parola nelle comunità, hanno avuto una grande forza di coesione.
La Conferenza di Santo Domingo (1992) coincideva con la celebrazione del 500° anniversario dell’inizio dell’evangelizzazione del Nuovo Mondo. C’erano tre obiettivi:
        celebrare Gesù Cristo, cioè, la fede e il messaggio del Signore crocifisso e risorto,
        proseguire e approfondire le linee guida di Medellin e Puebla,
        definire una nuova strategia di evangelizzazione per i prossimi anni, rispondendo alle sfide del tempo. 
La realtà politica delle repubbliche latino-americane era diversa, passando da dittature di varie tonalità a regimi politici più democratici. C’è stato un crollo del “socialismo” e si è affermato il neoliberismo di tipo anglosassone. La violenza del narcotraffico cresceva, in connivenza con varie guerriglie. È stato fortemente incrementato il fenomeno dell’urbanizzazione. I gruppi religiosi pentecostali crescevano. In questo contesto, la nuova evangelizzazione avrebbe avuto una forza rinnovatrice soltanto nella «fedeltà alla Parola di Dio» (n. 27). Doveva quindi essere caratterizzata da tre elementi principali:
        il riferimento esplicito alla Parola di Dio,
        il ruolo centrale dei laici,
        e l’animazione nelle comunità.
E arriva finalmente Aparecida nel 2007. Lo stesso tema della Conferenza aveva profonde radici bibliche: Discepoli e missionari di Gesù Cristo affinché i nostri popoli in Lui abbiano vita. Questo è stato il tema che ha attraversato tutto il documento. Si è mantenuto il metodo già noto vedere-giudicare-agire; ma con sfumature nuove. Si rinforzava: il “vedere” con il primato della Parola (77); “giudicare” con la centralità del Verbo (134-140); “agire” stimolati dalla lettura orante, personale e comunitaria (331). Nel suo insieme il testo è dotato di un profondo tessuto biblico, con alcuni importanti obiettivi di base. L’animazione biblica di tutta la pastorale e la lettura orante sono parte fondamentale dell’incontro personale con Gesù Cristo. Stiamo entrando in una nuova fase, per quanto riguarda il rapporto tra la Parola e l’evangelizzazione della nostra America, quella di riscoprire l’urgenza di una rappresentazione tipicamente kerigmatica di Gesù Cristo. Dobbiamo insistere sulla partecipazione del credente, meglio ancora, nel sottolineare un vero cammino di discepolato.
Da parte dei pastori si può costatare uno sforzo per assumere la Bibbia non più come qualcosa di separato dai programmi di evangelizzazione. Si desidera che sia il centro unificante della pastorale. Da parte del popolo vi è una grave carenza, ma anche una grande fame della Parola di Dio. Questo provoca interrogativi, responsabilità, ma anche speranza in tutti coloro che sono nominati annunciatori e mistagoghi della Parola. Oltre all’insegnamento biblico, il nostro popolo è alla ricerca di una comprensione più ermeneutica che esegetica, alla ricerca di esperienze di vita e di incontro tra l’uomo biblico e l’uomo di oggi. Molte iniziative sono già state attuate e/o sono in atto; sono noti vari centri di studio, pubblicazioni, eventi, organizzazioni orientati alla lettura popolare della Bibbia.
Tuttavia, ci sono ancora delle difficoltà. Le condizioni di povertà e analfabetismo di vari ambienti sono ancora una realtà molto problematica. Inoltre vi è un divario tra l’esegesi e le comunità ecclesiali; tra esegesi e teologia dogmatica; tra esegesi e pastorale. È anche forte l’influenza delle letture fatte da fondamentalisti della Bibbia (per esempio: la teologia della prosperità), che confondono le menti, sollevando false attese o credenze magico-religiose. È grande, perciò la necessità di approfondire la conoscenza della Parola di Dio e il contenuto della fede. Non è semplice comprensione del contenuto della fede: è molto di più, è una “esperienza di fede”. C’è un bisogno urgente di far crescere le nostre comunità in un percorso di iniziazione cristiana, a partire dal kerygma. Guidato dalla Parola di Dio promuoverà un reale ed effettivo incontro personale con Gesù Cristo. Tutto questo si prefigura come un cammino di grandi urgenze, ma anche di profonde speranze.
4. Proposte del Sinodo dei Vescovi del Continente Americano
Card. Francis Eugene George, Arcivescovo di Chicago: necessità di convertire l’immaginazione di coloro ai quali è proclamata la Parola di Dio e di coloro che la interpretano. Questo è un dovere dei Pastori. La Parola di Dio non è ancora una presenza influente nei cuori e nelle menti della nostra gente.
D. Gerald Frederick Kicanas, Vescovo di Tucson, Vicepresidente della Conferenza Episcopale Americana. Dopo l’Anno Paolino, l’Anno della Parola. La Parola di Dio ha il potere di cambiare la vita delle persone e dare loro un significato. Ma la predicazione di oggi spesso perde sapore, diventa teoria, perde l’ispirazione lasciando nell’ascoltatore il vuoto. Dobbiamo ascoltare i laici. Anche per questo è stato suggerito l’Anno della Parola, per qualificare e dare vitalità alla nostra predicazione, specialmente omiletica. Bisogna riscoprire le potenzialità catechetiche delle omelie, affinché i nostri laici siano fermento nel mondo.
D. Donald William Wuerl, Arcivescovo di Washingtown, Stati Uniti. Ha enfatizzato le opportunità offerte dalle omelie e dagli incontri di catechesi, per rinnovare il senso di unione con Cristo e la sua Parola. L’individualismo, come mentalità e cultura, associato a una conoscenza minima della Parola si presentano come grandi sfide per la nostra Chiesa d’oggi. L’omelia è un momento prezioso per aprire i cuori dei nostri fedeli alla Parola di Dio. È il momento migliore per incontrare la persona viva di Gesù Cristo all’interno di un’autentica esperienza ecclesiale.
D. Raymond Saint-Gelais, Vescovo di Nicolet, Canada. La Parola di Dio risuona nelle Scritture, ma va oltre il libro. È più una persona che orienta che un testo da studiare. Dio ha aperto un dialogo vitale con l’umanità. Così la Parola ci apre orizzonti inaspettati di verità e di significato per tutte le generazioni Quindi è fondamentale percepire la grande possibilità che ha l’omelia per introdurre l’assemblea nel mistero che Dio le manifesta nella vita reale.
D. Joseph Luc André Bouchard, Vescovo di Saint Paul, Canada. Il popolo di Dio deve essere educato a scoprire il grande orizzonte della Parola di Dio. Ma c’è una separazione tra studiosi e pastori, e tra la gente comune e le comunità cristiane. Occorre aiutare le persone a una lettura della Scrittura "cum Ecclesia".
D. Terrence Thomas Prendergast, Arcivescovo di Ottawa, Canada. Ha espresso la sua preoccupazione per la perdita di fiducia di molti cattolici rispetto alla Scrittura come strumento per trasmettere realmente la rivelazione di Dio, specialmente di fronte alle difficoltà di molti verso l’Antico Testamento. Ha proposto che il Sinodo valutasse in quale misura ciò sia dovuto anche all’influsso dei moderni studi biblici sulla predicazione. Raccomanda perciò l’attenzione al senso spirituale della Scrittura.
D. Donald Peter Faber, Vescovo di Londra, Canada. Le persone hanno fame di Dio, tuttavia uno dei principali ostacoli per stabilire un rapporto vivo con Gesù Cristo è il formalismo che ha caratterizzato buona parte della vita parrocchiale. È ora di presentare metodi che promuovono un incontro personale con Cristo attraverso la Scrittura. Ha proposto la lettura orante della Parola in modo che per la potenza dello Spirito si raggiunga l’incontro con il Signore.
D. Félix Lázaro Martínez, Vescovo di Ponce, Puerto Rico. Il rapporto tra la Scrittura, la tradizione e l’insegnamento sarebbero arricchiti con una maggiore condivisione tra teologi ed esegeti. Il popolo di Dio soffre le conseguenze di questa dicotomia. Sarebbe molto efficace per la Chiesa se i fedeli comprendessero la relazione tra Scrittura e Credo. Ciò presuppone anche la spiritualità, che nasce dalla Parola e nella Parola, ma ci vuole uno spirito di ascolto della Parola, per rispondere nella fede. Percorsi indicati: lettura orante e liturgie vive e comunicative.
D. Norbert Klemens Strotmann, Vescovo di Chosica, Perù. Abbiamo bisogno di allargare le prospettive. Abbiamo molta riflessione, molta teologia fondamentale e poca teologia pastorale. Abbiamo difficoltà a uscire dai nostri schemi e ambienti ecclesiastici. È necessario conoscere di più le culture e le comunità a noi affidate. Conosciamo bene la nostra teologia, la nostra tradizione, ma abbiamo grande difficoltà nel dialogo con il mondo, con le culture, con la diversità. Pensiamo troppo a partire da noi, dalla Chiesa. Abbiamo anche bisogno di visioni esterne.
D. Rodrigues José Miguel Gómez, Vescovo di Libano-Honda, Colombia. L’essere umano è essenzialmente dialogico. Nel profondo del nostro essere si scopre una dinamica dialogale ontologica. La nostra esistenza personale è soprattutto di ascoltatori. E la persona ritrova la sua dignità fondamentale nell’ascolto della Parola di Dio. È necessario quindi stabilire criteri adeguati per una vera ermeneutica della Parola rivelata. Con ciò si cerca di evitare il pericolo del relativismo moderno.
D. Filippo Santoro, Vescovo di Petrópolis, Brasile. In una cultura in cui l’effimero sembra avere il primato, dobbiamo chiederci se c’è qualcosa che può realizzare pienamente le esigenze del cuore umano. E ancora un’altra domanda importante: se c’è, con quale metodo? La Parola fatta carne indica un contenuto e un metodo di salvezza: è l’incontro con la persona di Gesù Cristo che ha risvegliato un fascino. Esempi sono: Andrea, Pietro, Zaccheo, la Samaritana, e altri dopo la risurrezione. Pertanto, non è necessario moltiplicare i ministeri straordinari, che portano anche burocratizzazione; molto meglio, incoraggiare tutto quello che, attraverso l’azione dello Spirito Santo “suscita l’incontro” con Gesù (sia i doni gerarchici che i doni carismatici).
D. Orlando Romero Cabrera, Vescovo di Canelones, Uruguay. Nella Bibbia Dio viene all’incontro con la Chiesa come il Dio della Parola. La Chiesa è sfidata a essere maestra di ascolto dello stesso Spirito che ha ispirato la Parola. Questa dovrebbe essere l’ispiratrice di tutta la vita pastorale. L’animazione biblica della pastorale e il cammino della Lectio divina vanno presentati come mezzi principali perché il Vangelo si faccia vita nei discepoli. La Lectio divina ha prodotto importanti frutti di evangelizzazione e d’intimità con la Parola nelle diocesi. Molti vescovi hanno testimoniato con entusiasmo il grande vigore e rinnovamento suscitato tra gli agenti di evangelizzazione.
D. Emmanuel Lafont, Vescovo di Cayenne, Guiana francese. Si è formato in Scienze Bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico, ma ha testimoniato che sono stati i poveri che lo hanno convinto ancora più della forza della Parola. Per la sua esperienza, dice che la Chiesa deve leggere la Scrittura con i poveri. Ha anche proposto che nel Sinodo la Chiesa cresca nella fiducia rispetto al modo in cui i piccoli e i laici in generale accolgono la Parola. Non ci dobbiamo spaventare di qualche modo sbagliato di leggere la Scrittura. Teme molto più il rischio che non la leggano per niente, e che le molte precauzioni della gerarchia finiscano per togliere loro la passione per la Parola.
D. Gavilán Velasques Juam Battista, Vescovo di Coronel Oviedo, Paraguay; D. Giove de Lima Junior, Arcivescovo di Ribeirão Preto, Brasile. Nella cultura del nostro tempo sembra difficile imparare ad “ascoltare”. E il popolo di Dio è «affamato di ascolto della Parola di Dio». Come pastori è nostro dovere aiutare la nostra gente ad ascoltare in particolare la parola incarnata, Gesù Cristo. Se fosse necessario, vale la pena «abbandonare le strutture fuori moda che non trasmettono più la fede» (DAP 365). Con la Parola le persone possono riacquistare la speranza e la pace. È urgente che come Chiesa si valorizzino i piccoli gruppi di persone che si fortificano a vicenda attraverso l’ascolto della Parola di Dio, e in essa trovano sostegno nella vita quotidiana, per le loro richieste civili e sociali.
D. Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, Arcivescovo di Trujillo, Presidente della Conferenza Episcopale del Perù; D. Raimundo Damasceno di Assisi, Arcivescovo di Aparecida, in Brasile; D. René Osvaldo Rebolledo Salinas, Vescovo di Osorno, Cile; D. Javier Augusto Del Río Alba, Arcivescovo di Arequipa, in Perù. La Chiesa soffre di una insufficiente trasmissione della Parola nelle celebrazioni. Tra le altre, una delle principali cause è la mancanza di una formazione biblica più consistente nei seminari e istituti teologici. Una buona conoscenza della Sacra Scrittura è garanzia di buona predicazione. È essenziale che le nostre prediche siano comunicazione della Parola vivente di Dio. Come il termine stesso esprime, l’omelia ha lo scopo di generare comunione con Dio. Perciò, oltre la competenza teologica è indispensabile una solida spiritualità biblica, in particolare la Lectio divina. In questo modo il futuro sacerdote può giungere a conoscere Dio nella fonte viva della sua parola. Se il seminarista ha fatto un cammino nella Lettura orante, nel suo futuro ministero di sacerdote, sarà ben disposto all’animazione biblica della pastorale.
D. Santiago Jaime Silva Retamales, Vescovo ausiliare di Valparaíso, Cile; D. Valmor Oliveira de Azevedo, ArciVescovo di Belo Horizonte, Brasile; D. Armendaris Faustino Jimenez, Vescovo di Matamoros, Messico, D. Ruy Rendon Leal, Vescovo-Prelato di El Salto, Messico. Dobbiamo considerare tre criteri principali per la lettura cristiana della Bibbia: a) “sete di Dio”, per cui l’animazione biblica della pastorale è una adeguata risposta; b) “Figli di Dio, discepoli di Gesù”, per cui è urgente una crescente spiritualità biblica che offra l’esperienza dell’amore di Dio; c) “Famiglia di Dio”, in cui l’unità viva e creativa attorno alla Parola è una grande testimonianza missionaria. In tutto questo lo Spirito di Dio suscita sacerdoti e laici per l’annuncio kerigmatico. E anche muove la Chiesa ad andare in cerca dei cattolici che si sono allontanati. D’altra parte, se molti cristiani lasciano la nostra Chiesa, tra le molte ragioni, è perché manca un legame più stretto tra il mistero celebrato e il mistero testimoniato, tra la Parola annunciata ed ascoltata e la Parola che porta frutto. Molti fratelli che hanno lasciato la nostra Chiesa hanno trovato in altre confessioni la “performance” che mancava a noi.
D. Julio César Terán Dutari, Vescovo di Ibarra, Ecuador; D. Enrique Díaz Díaz, Vescovo ausiliare di San Cristóbal de las Casas, in Messico; D. Ricardo Ernesto Centellas Guzmán, Vescovo ausiliare di Potosí, Bolivia. In America Latina nasce la teologia della liberazione. Ci sono stati errori, ci sono stati pericoli per cui il Magistero è dovuto intervenire. Ma ha anche incoraggiato i teologi perché le Sacre Scritture illuminassero i nuovi percorsi che la Parola di Dio voleva realizzare. Non può mancare una “lettura comunitaria” delle Scritture per affrontare le realtà di peccato e di grazia che pervadono il nostro continente. E la riflessione teologica può notevolmente contribuire a creare o a recuperare la speranza della nostra povera gente. È necessario essere consapevoli delle molte voci e molti volti della povertà che sfigurano il nostro popolo. Soprattutto nel caso delle culture indigene, si è cercato poco di capire la loro cultura e significato. Fino a quando ciò non accadrà, è molto difficile che la Scrittura sia un «linguaggio vivo, scritto nelle loro culture e nella loro vita». Senza il coraggio di cambiare, rimarrà la triste realtà di avere molti battezzati e pochi evangelizzati.
D. Gesù Rodrigues Peres, ArciVescovo di Sucre, in Bolivia; D. Rixen Eugenio Lambert, Vescovo di Goiás, Brasile; D. Luiz Urbano, Vescovo di Catamarca, Argentina. In modi diversi hanno parlato della reciprocità che esiste tra Bibbia e catechesi. Cresce la consapevolezza e l’accettazione che la Scrittura è la fonte primaria della catechesi. Dalla Scrittura la catechesi può percepire come Dio opera oggi. Da Medellin si è sottolineato l’importanza dell’apostolato biblico al fine di diffondere la Parola di Dio attraverso gruppi biblici. In Aparecida si è consigliato di riprendere il sogno di una catechesi biblica, kerigmatica e mistagogica, e che si riprenda il percorso e i modelli catecumenali di catechesi, accompagnati da iniziali esercizi di lettura orante per i catechizzandi. Così, incominciando già dalla formazione catechetica, il nostro popolo potrà avvicinarsi alla persona di Gesù Cristo.
Questo non è il luogo per un’analisi di tutte le dichiarazioni, ma queste indicano importanti sviluppi nella vita della Chiesa. Qui ci sono alcuni indicatori importanti: è necessario superare la concezione restrittiva della Parola come libro. Il carattere “performante” della Sacra Scrittura è elemento di ampia ripercussione fin dall’inizio della Chiesa. È fondamentale prendere coscienza che nella Parola il discepolo si trova con la persona stessa di Gesù. Con la parola, contenuta nelle Scritture, i discepoli di oggi possono sperimentare un incontro personale con Gesù Cristo, con la stessa verità salvifica di coloro che si sono incontrati con lui per le vie della Palestina. Quindi come Chiesa evangelizzatrice dobbiamo promuovere, incoraggiare, stimolare la lettura orante della Parola, secondo una varietà di metodi. Siamo una Chiesa che deve imparare a «sentire la voce della Parola». Una nuova aurora sta per risplendere per la Chiesa. Ecco una preziosa opportunità per le pubblicazioni e comunicazioni Paoline.
Un altro problema abbastanza ricorrente nei giorni del Sinodo è stato il necessario approccio e reciprocità tra esegesi, teologia, spiritualità e pastorale. A questa problematica può essere aggiunta la richiesta di una migliore qualificazione biblica dei nostri sacerdoti e degli altri operatori pastorali. Esegesi senza teologia e spiritualità sarebbe solo letteratura religiosa antica. Teologia senza la Parola sarebbe un teorizzare “senz’anima”. Spiritualità senza Scrittura e senza teologia corre il grave rischio di un soggettivismo. Chi comunica e/o pubblica farebbe un grande servizio alla Chiesa valorizzando temi di teologia biblica e spiritualità di natura biblica. Inoltre, si è presentata come una grande urgenza la necessità di studi e pubblicazioni nel campo dell’ermeneutica biblica.
Se le nostre predicazioni non avranno una densità kerigmatica, se le nostre celebrazioni non saranno “configurate” mistagogicamente, se la nostra catechesi non adotterà lo stile e le espressioni catecumenali, se le nostre omelie non saranno impregnate di esperienze vive dello Spirito presente nella Parola, certamente l’annuncio sarà vuoto di fascino. Le nostre iniziative potranno avere molte idee su Gesù, molte affermazioni dottrinali, molte formulazioni e verità morali, ma non necessariamente comunicheranno esperienze di fede. Corsi, riflessioni ed esperienze su questo aspetto possono e devono essere condivise e diffuse.
Nell’iter del rinnovamento pastorale, dove abbiamo molte carenze, una proposta che forse può includere tutti i nostri programmi e le proiezioni come Chiesa continentale sarebbe quella dell’animazione biblica di tutta la pastorale. Il dialogo tra tutti gli evangelizzatori sarà profondamente fecondo e creativo: sarà una fecondità biblica. Inoltre, secondo Papa Benedetto XVI, questo è anche il modo migliore di affrontare alcuni problemi pastorali riportati durante il Sinodo, ad esempio legati alla proliferazione delle sette, che divulgano una lettura distorta e strumentale della Sacra Scrittura. Pertanto, mi permetto di presentare una riflessione sulla portata e il significato di “animazione biblica della pastorale”. Questo è un argomento che ha importanti ripercussioni per il futuro della nostra evangelizzazione.
5. Animazione biblica della pastorale
Chiunque legga con attenzione il Documento di Aparecida è sorpreso da alcuni suggerimenti coraggiosi che la Chiesa propone. Avremo bisogno di un tempo lungo, paziente, segnato da molta perseveranza, per integrare, nella nostra vita ecclesiale, queste intuizioni molto ricche delle genuine caratteristiche vissute dai cristiani dei primi tempi della Chiesa. Desidero enfatizzare alcuni temi pertinenti che ricorrono con più frequenza: come l’incontro personale con Cristo, la conversione pastorale, la conoscenza della Parola quale desiderio dei discepoli di Gesù di nutrirsi con il Pane della Parola. Le citazioni potrebbero continuare. Queste in particolare ci ricordano che esistono occasioni e possibilità da valorizzare, perché senza di esse la Chiesa corre il rischio di deformare seriamente la sua identità di discepola e missionaria.
Allo stesso tempo, molto è stato detto sul fatto che l’umanità sta subendo un grave processo di trasformazione culturale. Lo stesso processo ha ricevuto già molti nomi. Qui, per semplicità, sarà menzionato solo quello già noto: il cosiddetto cambiamento epocale. E questo fenomeno è impossibile da misurare. Né si può fermare. Le sue conseguenze suscitano ogni giorno, nuove sorprese e perplessità. Tutta questa ebollizione quasi ci fa pensare che stiamo camminando verso un passaggio epocale da una realtà di cristianità a un’altra di diaspora. Molti elementi ci suggeriscono che in termini di evangelizzazione c’è molta similitudine con i cammini e le situazioni del primo cristianesimo. E tutto questo spinge i discepoli missionari del nostro tempo a cercare le migliori vie da percorrere per “trasmettere la fede”. Inoltre, la ragione fondante di tutta l’evangelizzazione è la trasmissione della fede in Gesù Cristo.
I primi cristiani non hanno parlato di animazione biblica della pastorale, ma la loro evangelizzazione è stata profondamente biblica, pienamente impregnata di esperienze e rivelazioni bibliche. Per annunciare la persona di Gesù Cristo, il Salvatore risorto, tutte le speranze dell’Antico Testamento sono state messe in luce. È stato così nei giorni apostolici. Basti guardare il pensiero paolino o la predicazione negli Atti degli Apostoli. Quando poi il Vangelo ha ricevuto una formulazione scritta, quasi tutto era impregnato dalle parole degli evangelisti e degli apostoli. Basti pensare ai primi scritti catechetici (la Didaché), alle riflessioni di Origene, prime radici della Lectio divina, e anche alla feconda teologia dei Padri. Era la Bibbia, o meglio la Parola, a creare motivazione, a dar loro coraggio, a rafforzare la perseveranza e trasformare il senso della loro vita. Il loro modo di pensare, di progettare, di condurre e di concludere era interamente impregnato della forza trasformante generata dall’incontro con il Signore attraverso la Parola. Erano evangelizzatori “biblicamente animati”, molto animati.
L’animazione biblica di tutta la pastorale è un tema che ritorna alla ribalta. Sembra interessante notare il senso della Parola partendo dalla sua etimologia. In questo modo si può immaginare ciò che si vuole accentuare. La parola latina animus si riferisce a quella forza interiore, a quel principio spirituale, che dall’interno muove e spinge qualcuno verso certe scelte e azioni. È come l’anima che solleva dinamiche a favore di una causa. L’opposto è dis-animo, la mancanza di vigore, di gioia, la mancanza di fascino. Il Documento di Aparecida (n. 248) nel proporre l’animazione biblica della pastorale l’associa con le immagini di fonte dell’evangelizzazione, cibo, pane della Parola, incontro con Gesù Cristo vivo. Basta guardare le immagini di fondo: se si asciuga la sorgente, si asciuga il torrente. Se manca il cibo, il corpo si indebolisce. Se mancano gli incontri, finisce l’amicizia.
Nei sentieri dell’etimologia, si capisce meglio anche il significato originale del termine “pastorale”. Pastorale viene da pastore, che a sua volta è collegato al pascolo. E così il pascolo è dotato di grande forza simbolica, è associato a vita, serenità, pace. Uno dei migliori ritratti figurativi dell’Antico Testamento è il Salmo 23: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla». Poi emergono espressioni figurative come riposare in pascoli verdi, condurre ad acque tranquille, ristorare le forze, guidare nel retto cammino, bastone e vincastro per garantire la sicurezza, tavolo imbandito, abitare nella casa del Signore. Questo è il linguaggio dell’Antico Testamento per parlare di buon pascolo. È segnato da esperienze ricche di speranza, come ristoro per le forze, una vita generosa e abbondante, prati verdi, pace, ristoro, acque tranquille. Frutto della generosità di Dio, che guarda con tenerezza quelli che ha scelto. Questa è l’esperienza del salmista.
D’altra parte, Gesù, il buon Pastore, facendo uso di figure simili, fa un passo decisivo. Non è solo la grazia con cui Dio avvolge i suoi. Va oltre: si riferisce a ciò che è Lui per le sue pecore. Il Vangelo di Giovanni ci aiuta. Nel cap. 10 ci sono diverse stupende espressioni: «Io sono il buon pastore», la cui caratteristica è quella di dare la vita per le pecore (v. 11.14), il suo rapporto con loro è quello della conoscenza reciproca (v. 14), essi conoscono la voce del pastore (vs 4.16). Ora, se la parola “pastorale” proviene di questa terminologia, questo significa che la stessa pastorale non è rivolta soltanto a fornire servizi religiosi. Nonostante questi siano fatti con generosità, ogni programma avrà carattere pastorale soltanto nella misura in cui le pecore possono sentire la voce amorevole del loro pastore e lui possa dar loro la sua risposta. E il Popolo di Dio “ha un radar”, vale a dire intuisce quando gli uomini e le donne di Chiesa parlano di ciò che “hanno sentito” dal Signore, o questo è solo il loro discorso religioso.
Adesso possiamo tentare qualche commento aggiuntivo alla frase “animazione biblica della pastorale”. Prima, però, metterò alcune premesse: animazione biblica si riferisce allo spirito, all’animus generato dalla Parola. Parola è “persona”. Non si tratta, perciò di “animarsi” per causa delle idee o strategie di Gesù. Tantomeno si tratta di studiarlo. Il discepolo non ama la persona di Gesù semplicemente perché lo studia. Lo studio è possibile anche senza essere discepolo. Un esempio sarà di grande aiuto in questo momento. Chi conosce di più un adolescente? Sua madre, che lo ama davvero, o lo psicologo che lo ha esaminato con tutti i metodi delle scienze comportamentali? È chiaro che la madre lo conosce meglio. Essa cerca l’esperto perché ama il figlio, non il contrario, non cerca l’esperto in grado di amare suo figlio. Lei e suo figlio avranno bisogno probabilmente dell’esperto, ma è nelle relazioni d’amore e condivisione interpersonale che l’adolescente e sua madre si realizzeranno. Questo non lo fa la scienza, ma l’esperienza dell’amore vissuto.
Tornando alla “animazione biblica della pastorale” potrebbe essere utile iniziare dicendo quello che non è. Non è più una pastorale tra le altre, con il suo coordinatore, il suo staff, il calendario degli incontri. Nonostante questo sia necessario e indispensabile, gli incontri di studio e formazione non sono ancora lo “spirito vitale”, e non necessariamente fanno la parte del “pastore”. Allora, cos’è l’animazione biblica? Si tratta dello “spirito” che scaturisce dalla Parola. Parola non è un insieme di idee, di pensieri, di concetti su Gesù. La Parola, quella che è divenuta Scrittura, è portatrice della persona stessa di Gesù. Qualcosa come la ragazza che, dopo aver ricevuto la lettera dal suo fidanzato, la bacia. Non vuole baciare la carta, o alcune frasi. Lei si rivolge alla persona amata. Lo stesso si può dire del rapporto con Gesù attraverso la sua Parola presente nella Bibbia. Tramite la parola biblica è possibile l’amicizia con Lui. Tramite la parola biblica si coltiva l’affetto, l’incontro, il silenzio attento davanti a Lui, l’obbedienza a Lui, sempre con gratitudine e con fiducia.
Nella sua bella esortazione post-sinodale, Benedetto XVI si riferisce esplicitamente all’animazione biblica della pastorale (n. 73). Egli spiega che questa non è una sovrapposizione o un altro evento speciale sulla Bibbia. Nessuno può parlare in modo convincente di una persona senza averla incontrata. Sarebbe solo un “parlare per sentito dire”. Sarebbero solo informazioni. E nessuno evangelizza offrendo informazioni su Gesù. Per trasmettere la fede, per annunziare la persona di Gesù, è necessario averlo trovato, è necessario aver fatto l’esperienza, è indispensabile lasciarsi trovare da Lui e vivere il fascino di questo incontro, che non sarà mai “indifferente”. Ci sarà sempre qualche reazione-risposta. Alcuni personaggi dei Vangeli ci possono aiutare: Nicodemo (Gv 3,1-21), la Samaritana (Gv 4,1-12), Zaccheo (Lc 19,1-10), anche Paolo. Essi non sono più stati gli stessi. Sono diventati “agenti di pastorale” profondamente segnati dall’incontro con il Signore.
Perciò l’animazione biblica pastorale non vuole enunciare nuovi formati, nuovi schemi e organismi, nuovi sistemi organizzativi delle parrocchie e diocesi. Più che altro, e prima di ogni altra azione di animazione, s’intende che tutti gli agenti evangelizzatori, siano essi vescovi, sacerdoti, religiosi, catechisti, ministri straordinari, coordinatori, amministratori di istituzioni ecclesiastiche, tutti abbiano “animo”, cioè la linfa interiore originata dall’incontro con Cristo per mezzo della sua Parola. E chi lo trova è felice con Lui, parla con Lui, capisce i suoi criteri e valori, interpreta con Lui, assume le sue scelte. L’agente della pastorale biblica non incomincia a fare più cose, o ad avere più impegni nell’agenda. Non è un modo di fare. È un modo di essere di fronte a Gesù Cristo, e a causa di Gesù, un nuovo modo di essere e di porsi davanti agli altri.
Non si tratta d’intimismo. L’intimista è alla ricerca delle sue convenienze soggettive, di tipo religioso o mistico. Si tratta d’intimità con Gesù. L’intimità crea e approfondisce le relazioni, trasforma i cuori, ricostruisce o rinnova le scelte e muove all’azione. L’intimità con Dio porta pace e gioia. Ed è diffusa da chi la vive. Benedetto XVI così ha detto, riferendosi all’animazione biblica: «Si abbia davvero a cuore l’incontro personale con Cristo che si comunica a noi nella sua Parola. Dato che l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo, allora possiamo aspettarci che l’animazione biblica di tutte le pastorali ordinarie e straordinarie porti a una migliore comprensione della Persona di Cristo, rivelatore del Padre e pienezza della rivelazione divina» (Verbum Domini 73).
Che cosa fare perché i nostri evangelizzatori siano “biblicamente entusiasti”? Si tratta fondamentalmente di spiritualità biblica. Questa può essere coltivata in diversi modi. Ricordate che la Parola ha «un potere sacramentale» (cfr. VD 56, 195) ossia, compie ciò che pronuncia. La liturgia, celebrata come un vero linguaggio del mistero della persona di Gesù, e la lettura orante della Parola si presentano come le migliori possibilità, per i discepoli d’oggi, come accadde all’inizio della Chiesa, di evangelizzare in modo biblicamente ispirato.
Dom José Antonio Peruzzo[1]


[1] Dom José Antônio Peruzzo, sacerdote dal 22 dicembre 1985, vescovo della diocesi di Palmas-Francisco Beltrão, è stato consacrato da Benedetto XVI il 24 agosto 2005. Ha conseguito il dottorato in Bibbia presso l’Istituto Bíblico di Roma ed è membro della Commissione Episcopale Biblico-Catechetica della CNBB (Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile).